SaggiaMente
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Una citazione - un
verso, un proverbio, una frase celebre -
a conferma del fatto
che da sempre la poesia, la letteratura, la
filosofia, la
saggezza popolare hanno fornito
le basi della
moderna psicologia.
"Se c'è soluzione perché ti
preoccupi?
Se non c'è soluzione perché
ti preoccupi?"
(Aristotele)
Questa
frase, più che di Aristotele sembrerebbe del solito anonimo
saggio cinese. A dimostrazione del fatto che forse la
saggezza è qualcosa di universale e trasversale a varie
epoche e culture.
Eppure
l’essere umano sembra essere predisposto a
preoccuparsi, tanto che quando non ha preoccupazioni, riesce
a preoccuparsi del fatto che le cose stiano andando
troppo bene, e quindi, qualcosa sta sicuramente per
succedere. Benché questa sia una situazione rara, in quanto,
se è vero che ubi maior minor cessat,
nel senso che una preoccupazione importante scaccia tutte le
più piccole, è anche vero che un qualche problema
minore per cui preoccuparsi si
trova immancabilmente...
Qualcuno potrebbe obiettare che non sempre una persona
riesce a non preoccuparsi, per il solo fatto di volerlo,
anche e soprattutto quando al problema non c’è soluzione.
Penso di poter concordare. Ma io vorrei parlare di quelle
persone per cui i problemi
potrebbero avere una soluzione, e magari
potrebbero averne più di una, solo che cercare una soluzione
esula completamente dagli obiettivi di chi in tal modo può
continuare a preoccuparsi e soprattutto a... lamentarsi.
Avete
mai provato a proporre una soluzione ad un amico che vi
espone le sue preoccupazioni per l’ennesima volta, riguardo
sempre allo stesso problema? Nella maggior parte dei casi,
dirà che è impossibile mettere in atto il suggerimento, ma
se insisterete per sapere perché,
vi guarderà con aria smarrita e vagamente ostile e
riprenderà a lamentarsi come se voi non aveste neppure
parlato. Ebbene lo scopo di quella persona non è risolvere
il proprio problema, bensì continuare a lamentarsene (anche
se ovviamente... non lo sa). I motivi possono essere tanti:
bisogno di attenzione, necessità di condividere i propri
pensieri, ricerca di complicità. Oppure il
bisogno di mantenere un ruolo
che in qualche momento della vita si è creduto giusto di
dover assumere e che non si vuole più abbandonare. Prendiamo
ad esempio una classica madre di famiglia. Quando dico
“classica” non intendo quella delle pubblicità televisive -
esistente solo nelle fantasie di “creativi” in preda a
desideri inconfessabili - che sta in cucina con i tacchi
alti, spolvera truccata di tutto punto, fa il bucato
cinguettando come un passerotto a primavera. No, dico quella
veramente classica, quella in vestaglia e bigodini,
senza trucco e tacchi alti, piuttosto seccata e un tantino
frustrata, comunque stanca, stanca, stanchissima. Bene,
quando la udrete lamentarsi della propria stanchezza,
provate a suggerire una di queste ovvie soluzioni: perché
non ti fai un po’ aiutare dagli altri familiari? è veramente
indispensabile lustrare il pavimento due volte al giorno?
non potresti risparmiarti di stirare i calzini? Se poi
arrivate all’ardimento di proporle di lasciare ogni tanto
che la casa vada in malora - ché tanto non muore nessuno - e
andare a fare una bella passeggiata o a prendersi un caffè
con un’amica, vi guarderà esterrefatta, come se le aveste
proposto di partire per sempre per le Maldive. Se andasse
perduto il suo “ruolo”
di madre di famiglia che si sacrifica per la
famiglia, cosa resterebbe?
Naturalmente un simile discorso vale anche per i signori
uomini, in particolare per i cosiddetti bulimici del lavoro,
quei manager, o professionisti, o anche ragionieri e
idraulici, che vivono la domenica come un incubo e le
vacanze come un’assurdità, incapaci di delegare il più
piccolo compito a chiunque. Salvo poi lamentarsi
continuamente: devo fare tutto io, non mi posso fidare di
nessuno, chi fa da sé fa per tre, beato te che puoi
permetterti la vacanza... Anche questo signore è
perfettamente a suo agio nel ruolo dell’uomo affidabile, che
non ha tempo da perdere, impegnato a fornire alla famiglia
sicurezza e benessere economico. Certo, ci si potrebbe
chiedere perché si ha tanto bisogno di
costruirsi e mantenere un ruolo, anche a costo di
grandi sacrifici, ma ognuno di noi può cercare di
approfondire da solo questo punto, se ne ha voglia...
Tornando alla “superficie” che fare?
Nulla. Una volta capito che in realtà queste
persone non vogliono trovare soluzione
ai loro problemi, non dovrete far altro che ascoltarle
pazientemente, assumendo un’espressione partecipe e
comprensiva. Questo se sono amici. Se invece non lo sono,
ricordarsi improvvisamente di un appuntamento può essere un
ottimo espediente, diplomatico e in fondo civile, per
sfuggire alla valanga di lamentele e brontolii che sta per
travolgervi. In tutti i casi, non date consigli e non
suggerite soluzioni: non vorrete privare questi
superpreoccupati del loro principale passatempo, no?!
Se poi,
leggendo queste righe, vi siete riconosciuti nella figura
del superpreoccupato, poco male! Abbiate a vostra volta un
po’ di indulgenza verso chi cerca, senza riuscirci, di darvi
una mano... capirete che è più facile dare consigli per
risolvere i problemi altrui, che cercare di risolvere i
propri!
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