TeoricaMente 18
Questa pagina tratta di argomenti di
base della psicologia,
i suoi meccanismi, le sue leggi. Quei
meccanismi e quelle leggi
che tutti utilizziamo, ma… senza saperlo.
Le regole della casa
“Questa casa non è un albergo!” Quanti genitori hanno
urlato questa frase, esasperati dai comportamenti dei propri
figli adolescenti. L’albergo è un luogo di passaggio, e gli
ospiti non sono tenuti a comunicare i propri spostamenti;
tuttavia, se sono previsti dei pasti, generalmente esistono
degli orari e un sistema di prenotazione affinché non vi
siano troppi imprevisti che riducano il buon funzionamento
del servizio. In una famiglia, pur nel rispetto della
libertà individuale, dovrebbe esistere un minimo di
programmazione che faciliti, o almeno non ostacoli, la
pulizia, il riordino e la preparazione dei pasti, pena una
maggior fatica a carico, quasi sempre, della padrona di
casa. Ma, si sa, gli adolescenti devono saggiare la propria
capacità di “autonomia” e spesso lo fanno senza andare
troppo per il sottile.
Alcuni anni fa, in 3 o 4 amici, abbiamo formato un piccolo
gruppo teatrale amatoriale, forti delle nostre precedenti
esperienze, risalenti agli anni ’70. Per prima cosa abbiamo
steso un “manifesto”, con intenti, obiettivi e regole. Un
manifesto chiarissimo - tale da non lasciare spazio ad
interpretazioni - che richiedeva, a chi volesse aderire,
impegno, rigore e condivisione dell’obiettivo primario:
discostarci dal modo di fare teatro di tutti gli altri
gruppi dello stesso genere, fondati non su una passione
comune, ma “usati” per ottenere facili sovvenzioni, o come
trampolino di lancio per approdare in televisione, magari
come figuranti.
Ebbene, tra quelli che transitavano nel gruppo, attratti
dalla gratuità e dai primi risultati – raggiunti tra enormi
difficoltà e sacrifici e con dispendio personale anche
economico - c’era sempre qualcuno che cercava di cambiare
le regole, chiedeva che le decisioni fossero prese a
maggioranza, lamentava che i responsabili del gruppo
decidessero tutto loro, che quello non era un metodo
democratico, e via contestando, dalla dizione (a che serve?)
all’assegnazione dei ruoli (lui ha più battute di me…).
Dopo molti inutili tentativi di far capire che il gruppo non
era una cosa “pubblica”, che la sua stessa esistenza era
legata al desiderio di fare le cose in modo diverso, e
soprattutto che nessuno era stato obbligato ad entrarvi,
eravamo infine costretti ad invitare queste persone a
cercare altri spazi, più consoni alle loro esigenze. Quale
altra scelta avevamo? Mettevamo in campo spiegazioni,
ragionamenti, pazienza, logica, persino qualche compromesso.
Non serviva a nulla. Fummo accusati di arroganza… Come dire
che chi fa rispettare una qualunque regola è un arrogante, e
non come individuo (che può essere effettivamente un
arrogante) ma solo per il fatto di esercitare un
diritto-dovere che è insito nel proprio ruolo.
Penso che per un’associazione, o un blog, o un giornale,
valga lo stesso ragionamento. Se ad esempio un giornale,
cartaceo o virtuale, è gestito privatamente ( = senza soldi
pubblici) da volontari che quell’idea l’hanno avuta e
realizzata, che la portano avanti mettendoci fatica, tempo,
impegno e responsabilità, ebbene, in quel giornale
bisognerebbe entrare in punta di piedi, educatamente, come
si entra – o si dovrebbe entrare – in casa d’altri. E non se
ne rifiutano le regole; si può parlarne, proporre,
suggerire, ma l’ultima parola spetta ai “padroni di casa”.
D’altra parte, per attivare un blog basta un quarto d’ora e
si può dare libero sfogo al proprio pensiero e stabilire
proprie regole.
Se si accettano regole pre-esistenti, non si può poi
giudicare pesantemente chi quelle regole le ha decise,
probabilmente dopo lunghe riflessioni e con profonda
convinzione. La vera arroganza sta in chi pretende come un
diritto ciò che non è un diritto.
Credo sia importante che si distingua tra il diritto alla
partecipazione, e anche alla critica, in un ambito pubblico
(spesso obbligato), e quello in ambito privato (sempre
scelto). Se ho da ridire sulla manutenzione del mio
condominio, ho il diritto di protestare e richiedere
un’assemblea per discuterne. Se invece nello stesso
condominio sono ospite da amici, non mi metto a spostare i
mobili, non critico il menù, non giudico poco “democratici”
i padroni di casa perché non mi hanno interpellato sulla
scelta dei tappeti. Se conosco i loro gusti, e non li
condivido, mi sforzo almeno di rispettarli.
Così come, recandosi in un paese straniero, è buona norma
conoscerne gli usi ed evitare tutti quei comportamenti che
possono essere ritenuti offensivi dai locali. Se quegli usi
non ci piacciono, possiamo andare altrove.
Se ognuno rispettasse le regole consolidate di una Casa, di
una Società, di una Cultura, chiedendo ovviamente la
reciprocità, forse ci sarebbero meno difficoltà nei processi
di Accoglienza, Tolleranza, Integrazione, paroloni che
rimandano a temi complessi che mi limito a sfiorare, giusto
per ricordare che piccoli comportamenti individuali possono
provocare grandi cambiamenti sociali, come la famosa
farfalla della Teoria della Complessità (Ilya
Prigogine).
Non si tratta di decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Si tratta di dare la precedenza, in caso di posizioni
inconciliabili, al padrone di casa. Sarebbe una regoletta in
fondo semplice semplice, capace, se seguita, di evitare
tanti inutili conflitti e ridurre l’ostilità, all’interno
delle famiglie, così come in qualsiasi altro “sistema”
sociale.
(Maggio 2012)
Home
Indice
Informazioni
|