TeoricaMente 6
Questa pagina tratta di argomenti di
base della psicologia,
i suoi meccanismi, le sue leggi. Quei
meccanismi e quelle leggi
che tutti utilizziamo, ma… senza saperlo.
La relazione terapeutica
Spesso
mi viene fatta questa domanda: "se la psicoterapia
consiste nel parlare, perché dovrei raccontare i fatti miei
ad una persona sconosciuta invece che ad un amico? che
differenza c'è?" E' vero, la
parola è lo strumento principale di una
psicoterapia, ma le differenze con una chiacchierata tra
amici sono numerose. Cercherò di semplificare il più
possibile un argomento piuttosto complesso e certamente non
esauribile in una paginetta.
Innanzitutto, l'estraneità.
Questa dà al terapeuta il grande vantaggio di avere la mente
libera da (quasi) tutte le idee precostituite che ogni
individuo ha rispetto ad un altro individuo. Ho detto
"quasi" perché è impossibile eliminarle del tutto. Basti
pensare al diverso effetto che può fare una stessa
frase, a seconda di chi, conosciuto o sconosciuto, la
pronunci: su questo effetto influiscono il sesso, l'età,
l'abbigliamento, il luogo di provenienza, l'aspetto fisico,
e tanti altri particolari che la nostra mente è pronta a
cogliere ed elaborare in modo quasi istantaneo ogni
qualvolta incontriamo qualcuno.
Conoscere a fondo una persona, o credere di conoscerla a
fondo, amplifica molto questo meccanismo. Nell'interpretare
una realtà (una frase, un fatto, una persona), noi siamo
fortemente influenzati da ciò che pensiamo di quella realtà.
Una bella canzone di Gaber sul grano immutabilmente giallo,
diceva:
io come biondo, se mi vedi biondo, io
come amore, se ti aspetti l’amore, io come buono, se mi vedi
buono. Per il terapeuta è essenziale guardare
alla persona che gli chiede aiuto come ad una persona
totalmente da scoprire.
Questa
non-conoscenza ha delle
ovvie conseguenze a livello emotivo e qui veniamo al secondo
punto importante. La relazione
terapeutica non è una relazione di amicizia, ma è
diversa dalla relazione che può avere un qualunque altro
professionista con il proprio cliente. Il lavoro psicologico
si basa infatti sul rapporto personale che si crea
tra due esseri umani, ed è quindi normale, anzi
auspicabile, un certo livello di
coinvolgimento emotivo che, però, deve essere
mantenuto entro quei limiti che la preparazione e la
formazione impongono allo specialista; altrimenti può
diventare un elemento negativo, se non addirittura un
ostacolo. Per questo motivo non si prendono, o non si
dovrebbero prendere in terapia - né medica né psicologica
- parenti e amici.
Un terzo
elemento è dato dalla maggiore
libertà che ci dà il parlare con un estraneo,
una volta superato l'iniziale riserbo. E' noto il paradosso
per cui molte persone scelgono di raccontare in televisione
delle cose che non direbbero mai in famiglia. Con un
estraneo non dobbiamo salvare la
faccia, non dobbiamo sostenere
un ruolo, non dobbiamo preoccuparci dei sentimenti
che suscitiamo. E' un po' come parlare ad uno
specchio che però ci rimanda un'immagine molto più precisa
di quella a cui siamo abituati, un'immagine che a volte può
arrivare a sorprenderci.
Il
coinvolgimento affettivo che è presente in un rapporto di
amicizia è inevitabilmente causa di distorsioni
nell'interpretazione della realtà, e non consente quella
lucidità che serve per aiutare la persona in difficoltà a
vedere le cose come dal di fuori.
Nel rapporto di amicizia in fondo cerchiamo altro: la
comprensione, la partecipazione, la complicità (anche
faziosa), l'affetto. A volte cerchiamo pareri e consigli.
E' importante potersi aprire con un amico, potersi
sfogare, ma questo è molto diverso dal "lavoro"
sistematico e organizzato che si fa durante una
psicoterapia. Un lavoro, o meglio un
viaggio dentro se stessi, con la guida del terapeuta,
alla ricerca di quei nodi, non così visibili in
superficie, che sono alla base del disagio e della
sofferenza. E alla ricerca delle possibili soluzioni che
tuttavia non possono essere suggerite dal terapeuta. Si
potrebbe dire che uno psicoterapeuta è come un insegnante di
scuola guida: insegna a guidare ma non decide la velocità e
lo stile di guida, tanto meno decide la destinazione.
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