FamigliarMente
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La famiglia e le sue
dinamiche. I rapporti reciproci,
le fasi del ciclo vitale, gli
eventi più importanti.
"L'eleganza del comportamento è conseguenza di
un sereno dominio delle
inclinazioni naturali"
(Giovanni della Casa)
Un
passaggio importante dalla fase infantile alla fase adulta
del ciclo vitale di un essere umano penso sia l’acquisizione
delle competenze
sociali. Tale passaggio coincide in parte con la fine del
fisiologico “egocentrismo” infantile e la graduale presa di
coscienza che ogni individuo non è il centro del mondo, ma è
parte di un sistema.
Per prepararli
all’ingresso nel sistema sociale, una volta ai bambini si
insegnava, tra l’altro, il “Galateo”*
che,
contrariamente a quanto oggi si crede, non era solo un
insieme di regolette inutili e senza senso che sembravano
esistere solo per essere trasgredite da adolescenti sanamene
ribelli, nonché da adulti sedicenti anticonformisti, e da
contestatori per mestiere.
In
realtà conteneva anche, e soprattutto, una serie di
indicazioni che erano il collante della convivenza civile
(dove per civile
si intende progredito, evoluto, educato).
Ora è
passato di moda, sostituito, a volte, dal più trandy
“bon ton”
maggiormente seguito peraltro, insieme alle liste di
cosa è in e cosa
è out, quando
suggerisce atteggiamenti esteriori rientranti nel cosiddetto
look.
I
bambini vengono incoraggiati generalmente ad essere sinceri,
a non avere segreti, ad essere spontanei: tutto
questo è dovuto per lo più ad una necessità di
controllo – altresì
comprensibile - da parte dei genitori. Ma ad un certo
momento il bambino capisce che non sempre si può essere del
tutto spontanei e sinceri fino in fondo, pena le reazioni
scandalizzate o stizzite degli adulti. E a quel punto viene
lasciato solo: ignorando allegramente l'aspetto
dinamico di un processo
formativo, nessuno, a quel punto, si prende la briga di
insegnargli quando e perché le regole valide fino a quel
momento non sono più valide. Insomma improvvisamente non va
più bene fare pipì in pubblico, rifiutarsi di salutare
qualcuno, o dire in faccia alla maestra quanto è brutto quel
colore giallo senape della sua capigliatura. Fortunatamente,
pian piano, ogni bambino trova da solo il proprio
equilibrio, e impara a dosare con grande saggezza, e a volte
con furbizia, schiettezza e reticenza, sincerità e innocenti
omissioni. Ma non sempre.
Può
succedere, infatti, che, dopo aver imparato a proprie spese
che certe cose non si fanno
e scatenano nei “grandi” degli
oh! di stupito raccapriccio, il bambino decida
di non fare più nulla spontaneamente, di non esprimere più
le proprie idee ed emozioni neppure se sollecitato, di
diventare cioè una di quelle persone che da adulte vengono
definite taciturne o introverse. Oppure, potrebbe diventare
una persona alla perenne ricerca della cosa più
trasgressiva, originale e provocatoria da fare in ciascuna
occasione, cristallizzandosi in una condizione di
adolescenza perpetua, con esiti
talvolta irritanti, talvolta ridicoli. Sono persone
facilmente riconoscibili: è sufficiente che ci sia un
cartello di divieto perché si impegnino subito a fare la
cosa vietata sotto il medesimo cartello; nelle conversazioni
non concordano mai, per principio, con nessuno; se
fumatori, si accendono la sigaretta appena le porte della
metro si aprono, e non perché non resistano ancora un
minuto, ma solo per affermare con una piccola trasgressione
il loro piccolo diritto all’autodeterminazione.
Per
questi “liberi pensatori” le parole
formale, formalità, formalismo
sono bestemmie; preferirebbero sentirsi chiamare assassini
piuttosto che formalisti, al punto che quest’ultimo termine
ha assunto definitivamente una connotazione negativa.
Peccato
che non sappiano quasi mai contro
chi e contro cosa
stanno combattendo.
Se
posso avanzare un’ipotesi, direi che combattono le antiche
contraddizioni che sono state loro ammannite da bambini.
Eppure, anche senza
rispolverare il vecchio Galateo ormai in pensione,
basterebbe spiegare, al momento giusto, che è
un vantaggio per tutti che agli
adulti non siano permessi gli stessi comportamenti che
vengono accolti con un sorriso divertito se si tratta di
bambini. Che le regole formali della
convivenza civile – diverse per ogni società ed epoca
- sono norme e comportamenti convenzionalmente concordati e
adottati da una determinata società, in una data epoca,
per facilitare i rapporti tra le
persone. Che il rispetto di tali regole non è
necessariamente sinonimo di falsità o ipocrisia, ma si
traduce spesso in puro e semplice
“rispetto”, lo stesso di cui anche noi possiamo
godere. Che la spontaneità può essere sinonimo di
naturalezza e genuinità, ma anche di primordiale
istintività, più consona all’uomo delle caverne che
all’evoluto uomo moderno, al quale si dovrebbe poter
richiedere, senza essere tacciati di bieco ipocrita
conformismo, se non l'“eleganza
del comportamento”,
almeno “un sereno dominio delle
inclinazioni naturali”.
Che
ignorare o disprezzare la buona educazione non ha niente a
che vedere con la Libertà.
*
Il
noto trattato del Cinquecento (1550 - 1555) di Monsignor
Giovanni della Casa sulla "buona creanza" e sul corretto
comportamento. Ha influenzato i costumi di gran parte
della società occidentale degli ultimi secoli. Il
termine "galateo" deriva da Galeazzo (Galatheus)
Florimonte, il vescovo di Sessa che ha suggerito a
Monsignor Giovanni della Casa di scrivere il trattato.
(Fonte:
http://www.liberliber.it/biblioteca)
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