Il ragno
E' un po' che non mi lagno. Non è che non
avessi nulla di cui lamentarmi: al contrario, non sapendo di
cosa lamentarmi di più, alla fine non scrivevo nulla.
Però stamattina è successa una cosa piccola
piccola, che voglio raccontare a chi ha la (s)ventura di
capitare in queste pagine.
Non so da voi, ma dove abito io quest'anno
c'è una vera invasione di ragnatele e, immagino, relativi
ragni. I quali però, per fortuna, non si fanno vedere molto
in giro. Così esco sul balcone per annaffiare le piante e mi
fermo ad ammirare, controluce, gli incredibili ghirigori di
tante piccole ragnatele affiancate, con i fili disposti
simmetricamente, tutti paralleli spicchio per spicchio, di
una perfezione... emozionante. E giù - tra me e me -
considerazioni a briglia sciolta sulle incredibili abilità
della Natura, sulla bellezza di certe architetture,
sull'infinità variabilità di forme, sostanze, strategie.
Stava quasi per diminuirmi il solito malumore mattutino, che
metto a fuoco qualcosa che non avevo visto, perché
seminascosto tra le foglie: un ragnetto di pochi millimetri
stava divorando una piccola vespa impigliata in quei
sottili fili brillanti e micidiali.
Ho dato una spruzzata a tutti e due facendoli
volare giù dal balcone e sono rientrata in casa
arrabbiatissima.
Ma è possibile che ogni cosa bella debba
avere un risvolto brutto, anzi spesso orribile? Non riesco
più a vedere documentari sugli animali perché appena mi
intenerisco su un dolcissimo cucciolo di tigre,
immediatamente dopo vedo la madre che sbrana un'antilope. E
mi dico: se la madre non cattura una preda, cosa mangia il
piccolo tigrotto? Ma, d'altra parte, se l'antilope muore,
chi allatterà il suo cucciolo?
Ok. Non guardo più i documentari. Ma le mie
micie? Ogni tanto tolgo loro dalle grinfie una lucertola, o
un uccellino; qualche volta riesco a salvarli. Certo, loro
non li mangiano, agiscono per istinto, non hanno la
consapevolezza della crudeltà della caccia. Si vede dallo
sguardo sorpreso e mortificato con cui mi guardano mentre -
pur non volendo - le rimprovero: voi non avete bisogno di
uccidere per mangiare, avete il vostro pesce lesso, e le
vostre scatolette... Oddio, e il pesce e le scatolette...?
Però i pesci, cerco di giustificarmi, anche loro, si nutrono
di altre creature. Gli animali erbivori? Forse sono i più
innocenti, ma chi ci dice che le piante non soffrano? Aiuto!
Sulla specie umana, di cui ahimè anch'io
faccio parte, sorvolerei.
Insomma, partendo da una cosa piccola
piccola, mi sono incartata nelle mie solite elucubrazioni
cosmiche, arrivando sempre alla solita domanda: ma che senso
ha la vita? E soprattutto perché tanta crudeltà,
ingiustizia, inutile sofferenza?
No, per favore, non tiratemi fuori discorsi
di Fede. Io rispetto chi crede, e un po' l'invidio anche:
loro hanno una spiegazione per tutto. Ma non voglio proprio
imbarcarmi in discussioni e dibattiti con chi, credente, non
sa mettersi nei panni di chi non crede e non riesce quindi
ad accettare l'assurdità di certe risposte.
Era una domanda retorica. Sono convinta che
nessuno ha una risposta a questa domanda, solo che c'è chi
tollera di non sapere e chi trova nelle religioni delle
risposte soddisfacenti.
Che delle cose veramente importanti l'uomo
non sappia un bene amato NULLA, io lo so da sempre. Solo che
certi giorni mi dà proprio fastidio.
Luglio
2007
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