SaggiaMente
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Una citazione - un
verso, un proverbio, una frase celebre -
a conferma del fatto
che da sempre la poesia, la letteratura, la
filosofia, la
saggezza popolare hanno fornito
le basi della
moderna psicologia.
“Il coraggio, uno non se
lo può dare.”
(Alessandro
Manzoni)
Fin
dalla mia prima lettura de "I Promessi Sposi", alcune cose
in particolare hanno stimolato il mio spirito alquanto
critico. Una di queste è il giudizio su Don Abbondio. Sono
convinta infatti che, in fondo, Don Abbondio non era un
vigliacco grave: sapeva
che il rischio era la vita e
l’istinto di sopravvivenza è una cosa normale, naturale,
sana. In altri termini, aveva sì
paura, una paura terribile,
incoercibile, ma chi, al suo posto, non ne avrebbe avuta? In
fondo è la stessa paura alla base dei fenomeni di omertà. E’
vero che era un prete, ma anche un prete è un uomo. Eppure,
ironia della mala sorte, Don
Abbondio è rimasto nella storia come il prototipo del
Vigliacco, quello con la
V maiuscola.
Credo
che il motivo, per cui
si ha paura, sia importante.
Ad
esempio, pensiamo alle tante piccole vigliaccherie della
vita di tutti i giorni, quelle che non meritano la V
maiuscola, quelle cioè riguardanti situazioni che non
mettono a repentaglio la vita, o la salute, o il posto di
lavoro.
C’è il
vicino di casa che lancia quotidianamente tuoni e fulmini
contro l’addetto alle pulizie condominiali perché non
pulisce bene le scale, che minaccia licenziamenti in tronco,
che rompe le scatole a tutti perché “nella prossima
assemblea…” e poi, all’assemblea, fa finta di dimenticare
l’argomento e, se proprio qualcuno lo tira fuori, comincia a
parlare di “padre di famiglia”, di “tocca essere tolleranti”
ecc., facendo fare una figura da idiota a chi lo aveva preso
sul serio.
C’è
l’amico che sparisce per mesi “sapessi, ho avuto un
periodaccio…”, guarda caso, subito dopo aver constatato che
avevi ragione su qualcosa.
C’è
quello che ti promette: “stai tranquillo, ci penso io, non
preoccuparti, ti telefono domani…” e scompare nel nulla non
facendosi trovare agli appuntamenti, negandosi al telefono,
lasciandoti a confrontarti con una segretaria confusa e
balbettante che non sa che pesci pigliare. In casi di questo
genere, dopo, vengono addotti a scusante incidenti stradali,
lutti, malattie, emergenze di vario genere che – se fossero
veri – non basterebbe la protezione civile.
C’è
quello che nel consiglio di amministrazione, o nel circolo
sportivo, o nel club del bridge, ti provoca e ti insulta –
sempre rigorosamente a quattr’occhi – e poi, se osi reagire
sfidandolo a ripetere quanto ha detto davanti a tutti, invia
un’elegante lettera di dimissioni in cui afferma di essere
stato gravemente offeso, e si defila “da signore” – così
almeno crede lui – privandoti della possibilità di replicare
e difenderti.
E che
dire delle lamentele sul comportamento di qualcuno,
ovviamente riferite in confidenza a qualcun
altro, mai all’interessato! Bisognerebbe come minimo essere
Riccardo Cuor di
Leone per guardare in faccia
una persona e dirle apertamente: non sono d’accordo su ciò
che hai detto, oppure: credo che tu mi abbia fatto un torto,
vogliamo parlarne? E, sempre in casi simili, che dire del
fiero e dignitoso silenzio di
colui che si sente ingiustamente colpito e offeso, ben al
riparo dall’idea di chiedere ed affrontare un confronto?
Chiunque
potrebbe proseguire questa deprimente lista, ripescando
nella memoria infiniti episodi di quotidiana viltà,
piccoli episodi di piccola
viltà, capaci però di amareggiarci una giornata,
o di appannare un’amicizia. E per questo più gravi.
Si è
responsabili della propria paura? Ed è poi vero che
“il coraggio, uno non se lo può
dare”? E se è vero che uno
il coraggio non se lo può dare, perché da sempre gli esseri
umani apprezzano e premiano i
coraggiosi, gli audaci,
gli eroi? (Viceversa la
parola “vigliacco” è tra gli insulti che si sopportano
peggio). Perché si dovrebbe essere premiati - o disprezzati
- per un merito - o una colpa - che
non si ha?
Chi può
rispondere a queste domande?
Forse
l’unica cosa che possiamo fare è chiederci, ogni tanto, se,
per caso, non stia affiorando in un angolino della nostra
mente, quel piccolo frammento
di Don Abbondio che dorme in ognuno di noi, conservandolo e
preservandolo per occasioni ben più degne di … fuga a gambe
levate!
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