Tempo di
referendum. Vai a votare! Non andare! Vota sì! Vota no! La
solita scontata sarabanda delle propagande è in pieno
svolgimento. Non intendo unirmi al coro degli uni o degli altri.
Vorrei al contrario condividere le mie riflessioni, i miei
dubbi.
E vorrei
limitare i miei interrogativi a
quella parte dell’argomento che riguarda la procreazione
assistita. Personalmente avrei preferito che le due questioni,
quella della ricerca sugli embrioni, e quella della libera
procreazione fossero nettamente distinte: mentre la prima –
fatto salvo il punto di vista cattolico sull’embrione=persona -
mi sembra improntata a grande altruismo, la seconda mi sembra
ispirata solo da interessi egoistici di vario genere (su
quelli economici sorvolo).
Da medico
ho infatti pochi dubbi rispetto all’opportunità di aiutare la
ricerca scientifica a trovare il modo di curare e guarire tante
persone sofferenti. Ma per quanto riguarda la possibilità
illimitata di mettere al mondo dei figli, il discorso, a mio
avviso, è molto diverso.
Non so se
questa legge è giusta o sbagliata, ma non mi sembra che da
nessuna parte sia stato preso in sufficiente considerazione
l’aspetto psicologico della “scelta
genitoriale”. Da un lato i cattolici, giustamente - dal
loro punto di vista - si preoccupano più dell’embrione che di un
bambino già nato, e dall’altro, sul fronte opposto, ci si
preoccupa, giustamente, della libertà e della salute della
donna, ma non abbastanza di quale sarà il destino di bambini
nati in queste circostanze.
Non devo
certo ricordare, agli attenti e responsabili lettori, le
infinite evenienze che possono verificarsi in assenza di una
regolamentazione, come già accade in altri paesi: doppie
maternità e doppie paternità (donatori e riceventi di gameti
maschili e femminili), uteri in affitto, madri-nonne, madri-zie,
e via procreando. Per non parlare dei frequenti drammatici
ripensamenti che finiscono in
tribunale, dove a far la parte dell’
“oggetto” conteso è una creatura inconsapevole e
innocente che, tra l’altro, vale la pena ricordarlo, non ha
chiesto di venire al mondo.
Ma a parte
questi problemi tecnici, non mi risulta che sia stata
presa in esame tutta la complessa problematica delle
MOTIVAZIONI per cui una coppia, o
anche una persona sola, vogliono un figlio proprio a
tutti i costi. (E a proposito di tutela della salute della
donna, anche a costo di sottoporsi a procedure diagnostiche e
terapeutiche invasive e potenzialmente dannose). Ad esempio,
quali sono i motivi per cui l'idea dell'adozione è stata
scartata da una coppia sterile? Sarebbe disposta, quella coppia,
ad accogliere e amare un bimbo malato? E’ lecito chiedersi se in
qualche modo c’entra la possibilità di controllo, data dalla
procreazione assistita, sull’origine
del futuro figlio?
Non mi
risulta che tale fondamentale riflessione sia avvenuta prima
che la legge fosse promulgata, non sta certo avvenendo in questa
velenosa campagna referendaria; non avverrà, temo, neppure
dopo, qualunque sia l’esito del voto.
Parliamo
di LIBERTA': siete d’accordo che non si può USARE un bambino a
fini sessuali, o per farne un soldato, o per cavarne degli
organi? Siete d’accordo che debbano esistere delle leggi ad
impedirlo? E’ illiberale pensare a delle leggi che tutelino chi
non può farlo da sé?
Non ho una
proposta risolutiva, ma mi chiedo perché non si è ritenuta
indispensabile una discussione seria, e depurata dalle
ideologie, sull’eventualità, piuttosto realistica, che un figlio
proprio così pervicacemente voluto possa essere figlio
di un capriccio, di un profondo egoismo, o del tentativo di
riempire vuoti o carenze personali. Possa cioè essere USATO.
Sono stati mai fatti studi attendibili sulla
qualità della vita di questi
bambini, negli anni successivi al loro trionfalistico
concepimento? Sono felici? Che adulti sono diventati o
diventeranno?
Si fanno
infiniti test a chi chiede un’adozione e poi si dovrebbe
consentire a chiunque lo chieda – e per giunta con i soldi
pubblici – di mettere al mondo dei figli senza che nessuno si
preoccupi delle conseguenze? Persino tra le adozioni, che
teoricamente dovrebbero essere state lungamente maturate, ci
sono casi in cui il bambino viene restituito al mittente.
Ricordo un ragazzo, introverso e riflessivo, che mi fu inviato
in terapia dalla vivace famiglia adottiva perché diventasse più
espansivo e chiacchierone. Bastarono poche sedute per capire che
non aveva alcun bisogno di terapia: era riservato per carattere
e non aveva problemi di sorta. Per lo meno non ancora.
Che
succede se un bambino in provetta non
“riesce” come desiderato?
Certo, è
vero: anche i figli naturali possono essere - e purtroppo
talvolta sono - vittime di soprusi ed egoismo: infatti esistono
delle leggi che, senza essere illiberali, possono interferire
con le libertà individuali. O vogliamo abrogarle?
Il
desiderio di un figlio è la cosa più naturale e legittima del
mondo, è giusto chiedere anche l’aiuto della scienza per dare
una mano a madre natura quando questa è un po’ avara o
dispettosa, ma forse porsi il problema dei
limiti è una cosa un po’ più seria che stabilire chi ha
torto e chi ha ragione, chi ha vinto e chi ha perso.
Lo ripeto,
io non ho soluzioni perfette da proporre, ma per la mia
professione conosco da vicino i danni spaventosi e a volte
permanenti che può produrre un padre o una madre che non abbia
mai capito il senso di essere
genitore.
Mi
piacerebbe che tutti, politici e non, sostenitori della legge
40, sostenitori dell’abrogazione, genitori, aspiranti genitori,
non-genitori, e rappresentanti dei mass media, ci interrogassimo
con meno faziosa incoerenza e superficialità su questi temi.
Perché su
questi temi, o vinciamo tutti, o perdiamo tutti.
(Giugno
2005) |