FamigliarMente
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La famiglia e le sue
dinamiche. I rapporti reciproci,
le fasi del ciclo vitale, gli
eventi più importanti.
Genitori si nasce?
Domanda
paradossale. Ovviamente si nasce
figli. Genitori si diventa.
Ma fare i genitori è davvero una cosa così naturale?
Nessuno
si sognerebbe di guidare un’automobile, o usare un
elettrodomestico, o lanciarsi col paracadute, senza aver
ricevuto le informazioni e le istruzioni necessarie. Invece
tutti si aspettano di poter fare i genitori, magari per la
prima volta, come se non ci fosse nulla da sapere
sull’argomento. Lo so, lo so che da quando esiste l’uomo, i
figli sono stati sempre allevati dai genitori, ma
riflettiamo su un fatto. Ciascuna cultura, nelle diverse
epoche, ha messo a punto, e in certo qual modo codificato,
propri sistemi
educativi, più o meno validi.
Ad esempio, nelle società tribali, le varie fasi della
crescita dei piccoli erano regolate rigidamente da norme,
che potevano anche essere discutibili, ma indubbiamente
avevano il merito di fornire delle
indicazioni anche ai genitori inesperti. La struttura
sociale, molto articolata e gerarchizzata, permetteva di
seguire una traccia ben definita e collaudata nel tempo. Lo
stesso si potrebbe dire della struttura familiare contadina,
presente, fino a pochi decenni fa, anche nel nostro paese.
Il patrimonio di esperienze accumulato in una famiglia non
andava disperso ma restava a disposizione delle nuove
generazioni. Attenzione! Non vorrei che questo discorso
suonasse come nostalgico: nella realtà umana non esiste la
perfezione e, mentre in passato era prioritario
sopravvivere, mai come oggi
l’attenzione si è spostata sul
vivere, inteso come
qualità della vita. E’ un fatto incontestabile
però che l’epoca attuale sia particolarmente difficile da
questo punto di vista, se non altro per la velocità con cui
si sono verificati eccezionali mutamenti sociali e culturali
. Sono saltati, nell’arco di pochi decenni, tutti i punti di
riferimento, e questo rende molto più complicato orientarsi.
Se è
valido il discorso che in una tribù dell’Amazzonia, o nella
vecchia famiglia contadina, le regole si tramandavano di
generazione in generazione, ciò non è più valido per la
società in cui viviamo noi. Chi dice “mia nonna ha tirato su
dodici figli senza problemi e senza l’aiuto di nessuno” non
tiene conto delle trasformazioni
del nostro assetto sociale (né si domanda – aggiungerei io –
come quei figli sono
venuti su, e che adulti sono diventati). Mi viene sempre in
mente in questi casi un eccellente e famoso dermatologo che,
a chi aveva problemi di capelli, raccomandava di non lavarli
troppo spesso, asserendo che “mia nonna si lavava i capelli
una volta al mese ed ha avuto capelli splendidi e sani fino
a tarda età”, dimenticando che la nonna viveva in un paese
di montagna, un secolo prima, quando l’aria era talmente
pulita che non si posava sui mobili neppure un granello di
polvere. Chiunque viva a Roma sa come si riduce una
maglietta bianca dopo una passeggiata a piedi o in auto; è
ovvio (se ci si pensa) che uno shampo in più è
ora meno dannoso di una
spalmata di smog. E’ evidente che ciò che era valido in un
certo momento, anche se è stato valido per secoli, non è più
valido se intervengono dei cambiamenti radicali.
C’è poi
un altro aspetto da considerare. Un genitore ha un’unica
esperienza: la propria, ma tende invariabilmente - e
irragionevolmente - a generalizzarla. Uno studioso dell’età
evolutiva, un neuropsichiatria infantile, un insegnante, se
sanno fare il loro mestiere (acquisito sulla base degli
studi e degli sforzi di migliaia di ricercatori in tutto il
mondo), hanno sicuramente un’esperienza maggiore, rispetto a
qualsiasi genitore, anche nel caso che non abbiano figli
propri. Ricordo sempre con grande affetto una meravigliosa
insegnante di lettere delle mie ormai lontane scuole medie,
una donna intelligente, sensibile, capace di penetrare con
dolcezza nelle pieghe più nascoste delle nostre giovani
menti, in bilico tra l’infanzia e l’adolescenza. Con
rispetto e amore. E non era madre.
Insomma, non basta dire: io sono madre (o padre),
quindi solo io posso capire mio figlio. Purtroppo,
spesso succede esattamente il contrario e molti genitori,
pur intelligenti e armati di buon senso e buona volontà, non
vedono – appunto perché troppo implicati, e senza
termini di confronto - ciò che
hanno sotto gli occhi, magari evidentissimo ad un
osservatore esterno.
Anche
se è impegnativo, cerchiamo di prendere quello che la nostra
epoca, nella sua complessità
talvolta difficile da afferrare, ha da offrirci di buono.
Non vanno sottovalutati, né tanto meno dati per scontati,
gli enormi progressi che la pedagogia
(quella seria) e la psicologia
infantile (quella seria) hanno permesso nella
comprensione di quel fantastico mondo che sono i bambini: le
loro peculiarità, le loro esigenze, i loro diritti - non
dimentichiamo che la
carta dei diritti del bambino risale a non moltissimi
anni fa -. Quello che succede all’infanzia in certi paesi
(bambini sfruttati e massacrati nel lavoro, nella
prostituzione, nella guerra) dovrebbe farci riflettere sui
vantaggi che la conoscenza,
nella sua accezione più nobile, ci offre.
E
allora perché non approfittarne?
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