
IL PRISMA 7
.. l’originalità e l’autonomia di chi pensa ad un problema con la
mente
sgombra da preconcetti e schemi rigidi...
... cercare di vedere, di volta in volta prendendo
spunto dall’attualità, almeno un altro lato – oltre a quello più visibile –
di un immaginario
prisma
che
può servire a rappresentare, simbolicamente, situazioni, temi, concetti,
frequentemente presenti nei nostri discorsi, sui giornali, nelle
televisioni...
Comunicare
Uno dei paradossi della nostra epoca è che, pur vivendo
immerse – direi quasi soffocate – nelle comunicazioni di
massa, bersagliate da raffiche di messaggi (pubblicitari e
non), in un paese in cui imperversano milioni di telefonini,
segreterie telefoniche, Internet, posta elettronica, fax...
le persone sembrano essere
diventate incapaci di parlare tra loro, o meglio, per
parlare, parlano moltissimo, ma non riescono a
comunicare. Questa frenesia
di essere continuamente, e ovunque ci si trovi, in contatto
o contattabili da parenti e amici, mi fa pensare, perdonate
la deformazione professionale, alla persona bulimica che non
riesce mai a saziarsi, o alla ninfomane mai appagata.
Il desiderio di essere capiti è un forte naturale desiderio
di tutti gli esseri umani, ma non può essere soddisfatto a
senso unico; è necessaria una
reciprocità: per riuscire a farsi capire, è
importante essere capaci di capire l’altro.
Gli strumenti di comunicazione dell’animale
uomo, principalmente il
linguaggio – ma non solo! – sono complessi e sofisticati, e
talvolta non si sa come servirsene: è come avere un computer
ultramoderno e non saperlo usare. Il confronto con gli altri
è condizionato da mille sovrastrutture, da regole
individuali, familiari, sociali, culturali... e spesso
diventa difficile recuperare quella spontaneità ed
essenzialità che sono alla base di ogni vera, sincera,
efficace relazione.
Perché non riusciamo a comunicare veramente con il coniuge,
i figli, i genitori, gli amici, i vicini di casa? Dov’è che
il meccanismo si inceppa? Quali processi psicologici
intervengono, facilitando o interferendo, in questa
meravigliosa facoltà di rapportarci con le altre persone?
L'argomento è complesso, ma si può senz'altro affermare che
uno dei fattori di disturbo
della comunicazione è l'assoluta presunzione di
conoscere la persona con
cui si sta comunicando. Questa convinzione, tanto più forte
quanto più è sostenuta da una lunga frequentazione,
come in famiglia, o tra amici di vecchia data, porta ad un
grave rischio: quello di dare per
scontate una serie di deduzioni
che non vengono quasi più verificate, e che inducono quindi
a libere interpretazioni
di parole e fatti sul cui significato
presunto si costruiscono altre
deduzioni e altre interpretazioni...
Spesso
ci si rapporta agli altri come se non cambiasse mai nulla:
per certi genitori i figli sono sempre bambini, per certi
cinquantenni i compagni di liceo sono sempre adolescenti.
Per
quanto bene si conosca una persona, non si può essere
sempre sicuri di cosa intenda
dire con una certa parola, con una certa frase: perché non
chiederglielo? Gli esseri umani
sani sono, fortunatamente, degli organismi
dinamici, che cambiano, si evolvono, ramificano il
proprio pensiero, elaborano esperienze e ricordi, possono
esprimere idee nuove, o agire per nuove motivazioni.
E la
comunicazione deve adeguarsi.
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